Pianificare il percorso con precisione

Ci sono risorse pubbliche che, combinate insieme, possono darci grandi soddisfazioni nella pianificazione del percorso.

La combinazione che preferisco è data dalle mappe OpenStreetMap, gestite dal sito GraphHopperMaps, utilizzate poi dall’app Motion-x GPS.

OpenStreetMap è una risorsa open-source che fornisce per il gratuito utilizzo la mappatura stradale di tutto il mondo. Il suo sito, però, ha funzioni limitate: può creare percorsi solo per auto, pedone e bicicletta e, soprattutto, NON esporta il tracciato per l’utilizzo in altre applicazioni.

A questo provvede invece GrapHopperMaps che, oltre a personalizzare il percorso in ben nove modi diversi (A piedi, trekking, bicicletta, mountain bike, bici da corsa, moto, auto, furgone, camion) esporta le tracce.

Mostra inoltre il tracciato altimetrico per valutare quanti polmoni vorrete mettere in gioco nella vostra avventura a pedali.

Fate qualche prova, è rapidissimo e gratuito.

Non siete soddisfatti del percorso perché, durante il viaggio, volete passare a trovare la zia o a prelevare l’amico per continuare la gita?
Non c’è problema: localizzate la zia o l’amico sulla mappa, cliccate col tasto destro e scegliete “Imposta punto intermedio”. La pagina ricreerà il percorso migliore passando da quel punto.

Si possono inserire più punti intermedi; io ho provato ad inserirne 20 e sono stati gestiti benissimo, soprattutto perché la pagina li riordina automaticamente secondo il “problema del commesso viaggiatore”.

Fatto? Ora, sulla pagina di GaphHopper, guardate sulla sinistra: c’è una piccola scritta “GPX”.

Gpx

Cliccando sulla scritta si ottiene una finestra di dialogo con tre spunte: Suggerisco di usare solo “Track” ma fate come volete.

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Cliccate su “Export Gpx”.

Avete così ottenuto il download di un piccolo file che contiene la traccia del vostro percorso. Cosa ne facciamo?

Direi, se non avete fretta, di dargli un’occhiata su GoogleEarth.

Aprite l’applicazione, menu File>Apri e selezionate il vostro file GPX appena scaricato.
Sulla mappa apparirà il vostro percorso; potrete vederlo dall’alto nell’ambiente che attraverserete e, con Streetview (funzione interna di GoogleEarth, per chi non lo sapesse), visualizzare la strada a livello suolo.

Fatto?

Uscite ora da Google Earth e uscite anche da casa per comprare un iPhone o un iPad.

Sì, perché la fantastica applicazione di cui sto per parlarvi non esiste su Android o (bleah) WindowsPhone.

Non ho un Android e non so dire se c’è un’app equivalente.
OutdoorActive o OruxMaps sapranno creare la stessa magia? Esplorate.

Motionx-GPS

Scaricate l’applicazione, costa una sciocchezza.

Man mano che scoprirete l’immensità delle sue funzioni vi meraviglierete; probabilmente dedicherò un articolo a quest’eccezionale app.

Speditevi in allegato a un’e-mail il file GPX sul’iPhone o sull’iPad.

Fate aprire l’allegato da Motionx-GPS: apparirà la traccia del vostro percorso sulla mappa (anche Motionx-GPS usa le mappe di OpenStreetMap).

Se avete già usato l’app e avete registrato altri percorsi la vostra traccia potrebbe confondersi con le altre; in tal caso scegliete Menu, GoTo e, sulla sinistra, Follow Track.

La vostra traccia, una volta scelta, apparirà in un colore diverso.

Cliccate ora sulla freccia di localizzazione blu in basso, al centro

image1

in modo che prenda questo aspetto:

image2

Ciò farà scorrere la mappa sotto le ruote della vostra bicicletta, manterrà la vostra posizione al centro della mappa e voi potrete vedere la traccia scelta sempre sotto di voi (a patto che la seguiate) e sarete guidati in ogni momento verso la vostra destinazione.

Buona strada!

 

Da Lodi a Copenaghen!

(Un clic sulle foto le ingrandisce, un altro clic le ingigantisce)

Trepidazione
Ottimismo
Preoccupazione…

Sera prima della partenza, ci sono un po’ di emozioni.

Sono poco allenato e l’impresa è ancor più lunga di quella del 2011, quando arrivai ad Amsterdam dopo una primavera di preparazione costante; quest’anno ci ho pensato molto ma mi sa che non vale come allenamento.

8-7 Bici pronta per la partenza

9/7, giorno 1, San Martino in strada – Peschiera del Garda, 137 km.

Ore 9 del 9 Luglio, meta predefinita Peschiera del Garda; non volevo seguire lo stesso percorso del 2013 (Costa Ovest del Garda), un po’ per variare e un po’ per scaramanzia.

Da casa verso Crema attraverso Casaletto Ceredano, poi seguo il percorso un po’ noioso di Offanengo, Ticengo, Soncino e Orzinuovi; qui, in una piazza torrida, ho fatto il primo spuntino verso l’una e mezza in compagnia di alcune campane in attesa di installazione. Continua a leggere

Internet all’estero: Qualcosa si muove?

Nei miei viaggi precedenti avere Internet sull’iPhone è sempre stato difficoltoso: sarò imbranato (o forse no?), fatto sta che l’idea di acquistare una Sim locale per collegarmi a Internet l’ho provata già, ma sui siti dei vari gestori le possibilità erano esigue, e quelle poche non trovavano riscontro in loco.
Nel viaggio a Barcellona del 2012 mi sono rivolto a un paio di negozi specializzati nel centro delle città, ma alla domanda mi rispondevano che non era possibile, che bisognava stipulare contratti veri e propri, ecc. ecc.
Mah.
Quest’anno, invece, in una breve “scappata” a Stoccolma (in aereo) è bastato entrare in un negozio Telnord per uscire con una Sim a 12 Euro, con chiamate e Sms illimitati (ma solo per la Svezia!) e 100 Mb di traffico per 7 giorni, ampliati poi a 1 Gb con altri 9€.

Un prezzo ragionevole, se vogliamo.

Oggi leggo che anche in Germania ci sono offerte appetibili, ad es. col gestore Aldi, che promette 5 Gb per 30 giorni a 14.99 Euro.
( http://italianiamonaco.com/primi-passi/telefonia/sim-tedesca.html#.U5eB1Y1_u9k ).

Probabilmente anche in altri Paesi le cose sono migliorate, in attesa che cessi questa benedetta speculazione sul roaming dati estero…
Non resta che provare!

Vi farò sapere com’è andata, quest’anno riproverò a raggiungere la Danimarca.

Ciao!

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Lo zen e l’arte della manutenzione della bici

Un titolo copiato, lo so. Avete letto quel libro di Robert M. Pirsig, dove al posto di “bici” c’era “motocicletta”? A me è piaciuto abbastanza; molto diffuso negli anni ’70 e ’80, era quasi un must  fra i motociclisti.

Poi è arrivata l’elettronica, la maledetta elettronica. Una specie di dittatore che da un lato ti toglie il fastidio (ma era un fastidio?) di regolare l’anticipo ogni 2000 km, ma dall’altro, quando decide di lasciarti a piedi, ti lascia a piedi, e non importa quanto tu capisca di meccanica o quanto sia abile con chiavi, pinze o soluzioni d’emergenza. Tu non ripartirai prima d’aver trovato la centralina nuova pagandola l’equivalente del valore totale della moto, e dovrai subire l’umiliazione del carro attrezzi.

Altro che zen, altro che guardare la moto guasta e sentire la voce che ti indica dove mettere le mani. La bici, invece, è meccanica pura, dove la maledetta elettronica è giustamente relegata a ruoli marginali; accendi la lucina a Led perché è sera, misurami la velocità col magnetino sui raggi, dimmi qual è il mio battito cardiaco se proprio vogliamo fare le cose in grande; ma stai lì, nel ruolo che ti compete e di cui posso fare perfettamente a meno senza interrompere il mio viaggio.

Riparare la bici è ancora un momento zen, dove ci si può prendere il lusso di dedicare mezz’ora alla lavorazione di una sola rondella perché s’incastri perfettamente dove noi vogliamo, appagando così la nostra soddisfazione di vedere la rondella giusta nel posto giusto.

Se invece la bici è per voi un oggetto senz’anima di cui servirvi solo per andare a fare la spesa o al bar, e in caso di guasto provate ad aggiustarla anche a martellate nel più breve tempo possibile… Questo articolo rischierà di annoiarvi.

Vedremo qui e nei prossimi articoli come intervenire in caso di guasto, o come migliorare l’efficienza e la durata dei principali apparati che regoleranno la riuscita del nostro viaggio. Cominceremo il percorso da…

LE GOMME

ATTENZIONE: Ogni consiglio contenuto in questo blog prevede che ci si avvicini ai lavori manuali con le dovute capacità, prestando la massima cautela ed indossando abbigliamento di sicurezza, come guanti ed occhiali protettivi.

Ogni azione che eseguirete  sarà a vostro rischio e pericolo.

Come ripararle penso sia noto a tutti, perché fin da piccoli ci sarà capitato di doverlo fare. Vedremo comunque i vari passi per chi è nuovo dell’esperienza, e aggiungeremo qualche consiglio.

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Smontaggio

Sganciate il filo del freno se avete i v-brake, svitate i dadi del perno (o sbloccate lo sgancio rapido): se è la ruota posteriore favorite l’uscita del pignone dalla catena spostando con le mani il deragliatore; estraete la ruota.
Sgonfiate completamente la gomma, schiacciandone con le dita i lati su tutta la circonferenza per permettere al bordo della copertura di appoggiarsi all’incavo centrale del cerchio e favorire così il lavoro delle leve.
Svitate l’eventuale ghiera che trattiene la valvola.

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Facendo attenzione a non danneggiare la camera d’aria usare le leve per estrarre dal cerchio circa 20-30 cm di bordo della gomma, lontano dalla valvola, poi continuare con le mani.

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Estraete la camera d’aria, cominciando dalla valvola. Se volete essere scientifici segnate con un gesso il punto della valvola sul copertone e sul cerchio, così, una volta trovato il foro nella “camera”, potrete localizzarne più facilmente la causa nella “gomma”  (o nel cerchio se il foro è rivolto verso l’interno).
Sconsiglio di immergerla nell’acqua, soprattutto se prevedete di rimontarla subito o di metterla nei bagagli piegata e bagnata.
È meglio rigonfiarla un po’ e poi avvicinare le labbra inumidite all’intera superficie: in pochi secondi dovreste sentire il soffio freddo.

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Riparazione

Consiglio caldamente di non riparare, ma di cambiare la camera d’aria con quella che avrete sempre di scorta; solo dopo averla già cambiata (e conservata), in caso di nuova foratura useremo le “toppe” per proseguire finché non troveremo un negozio dove acquistarne di nuove.

Una camera d’aria rappezzata è più soggetta a perdite che allentano il gonfiaggio, costringendoci a tenere d’occhio la pressione e aumentando il rischio di “bucare” ancora, perché nella gomma molle la camera d’aria subisce attriti logoranti.

La toppa è un rimedio provvisorio, quindi. Per questo io uso le toppe autoadesive e non quelle vulcanizzanti: sono facili da usare e durano abbastanza finché trovo un nuovo ricambio, ma se andrete nel deserto dovrete preoccuparvi di una dotazione più sicura: varie camere e toppe in abbondanza, in proporzione alla lunghezza del viaggio.

Rimontaggio

Si fa tutto con le mani e senza attrezzi.

Perlustrate scorrendo con il dorso delle dita l’interno della gomma alla ricerca di ciò che ha causato la foratura: potreste trovare spine, chiodi o cocci di vetro, quindi attenzione a non ferirvi. Se non fate ciò “bucherete” di nuovo e molto presto, a meno che la causa non sia uscita dal foro per conto suo.

Con un bordo della gomma già inserito nel cerchio ed iniziando sempre dalla valvola, inserite la valvola nel foro e la camera d’aria nella gomma dopo averla gonfiata leggermente per farle prendere la forma tubolare.

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Controllate che la valvola esca dal cerchio diritta e non inclinata; nel caso fate scorrere quanto basta la ruota sul cerchio impugnando i raggi con una mano e la gomma con l’altra. Sempre partendo dalla valvola e allontanandosi da essa nelle due direzioni, usate le mani per inserire il bordo della gomma nel cerchio.

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Quando si arriva al lato opposto e sembra impossibile proseguire con le sole mani, non usate le leve ma accomodate le parti già inserite all’interno del cerchio per guadagnare quel paio di millimetri che ci permetterà di completare l’opera.

Verso la fine il lavoro dovrebbe presentarsi in questo modo:

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Se proprio vorrete usare le leve prestate la massima attenzione a non pizzicare la camera d’aria!

Controllate ancora che la valvola sia diritta, altrimenti c’è modo di raddrizzarla afferrando dei raggi e tirando la gomma per spostarla di qualche millimetro. Una valvola storta può creare problemi.

Controllate, schiacciando la gomma ai lati, che non ci siano parti di camera d’aria pizzicate fra il cerchio e il copertone; questo rischio è molto basso se avrete seguito il consiglio di gonfiare leggermente la “camera” prima dell’inserimento.

Gonfiate la gomma alla pressione massima prevista sulla stampigliatura per favorirne l’assestamento, quindi sgonfiarla di almeno 1 atm.

ATTENZIONE: Se la gomma è men che nuova, o peggio se è vecchia o screpolata, e in ogni caso, potrebbe esplodere in questa fase. Prestate quindi la massima attenzione, soprattutto tenendo il viso lontano dalla gomma ed indossando guanti ed occhiali protettivi.

Rimontate la ruota con le operazioni inverse allo smontaggio ricordando di riagganciare i freni se li avete sganciati. Fate attenzione a serrare completamente i dadi del perno (o lo sgancio rapido)  mentre la bici è appoggiata a terra per evitare di fissare la ruota in modo obliquo o improprio.

Ecco fatto!

Di seguito alcuni accorgimenti per ridurre il rischio di foratura: se dovesse accadere in viaggio non è un dramma, ma sicuramente è un fastidio indesiderato.

Scelta delle gomme

Lisce, tassellate, disegnate… Come vi pare. Però tenete conto che quelle in vendita nei supermercati a 5-7 Euro l’una sono spesso di qualità molto scarsa, quindi non potete pretendere che non si deformino o scoppino percorrendo in discesa sentieri acciottolati; inoltre sopportano pressioni inferiori.

Quelle dei negozi specializzati costano qualcosina in più ma sono di qualità superiore e decisamente più resistenti.

Ovviamente il miglior rapporto qualità-prezzo è da Decathlon… La foratura, tuttavia, è sempre in agguato: ecco quindi come ridurne il rischio.

Bande protettive

Si trovano in commercio bande protettive in kevlar, simile a plastica gommosa, da inserire fra il copertone e la camera d’aria.

Non vanno confuse con i “flap”, che proteggono l’interno della camera d’aria dai nottolini dei raggi sul cerchio: queste stanno non verso il cerchio, ma verso il copertone e costituiscono una barriera qualora un oggetto appuntito riuscisse a trapassare quest’ultimo.

Bisogna essere molto accurati nel montaggio (devono stare al centro della copertura) e spesso non sono gradite perché aumentano di circa un etto il peso della ruota.

I flap

Ogni bicicletta è dotata di flap, ma è bene sostituirli, se sono del tipo in gomma morbida, perché non resistono al prolasso della camera d’aria all’interno dei fori dei nottolini (o la forte pressione contro la testa spigolosa degli stessi) e sono a loro volta molto fragili; parte delle forature sono dovute a questo problema.

Ce ne sono in commercio in tessuto di nylon o in materiali analoghi (foto successiva) che fanno un servizio decisamente migliore.

Quando li montate potreste avere difficoltà a far combaciare il buco della valvola col foro d’uscita, perché il flap è poco elastico e stringe forte sul cerchio: un trucco molto semplice è infilare una levetta sotto il flap in questo modo e farla scorrere per tutto il cerchio nel senso in cui vorremmo spostare il buco per la valvola.

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Le camere d’aria autoriparanti

Sono rivestite internamente di una sostanza fluida capace di introdursi nel foro e di ripararlo automaticamente.

Si trovano da Decathlon al prezzo di 5-7 Euro cadauna ed io le ho montate fotografando questo servizio. Chissà se mi accorgerò di forare, e chissà se quest’anno sarà la volta buona per completare un viaggio senza forature? Vi farò sapere.

Il liquido autoriparante

Va introdotto nelle camere d’aria normali e farebbe lo stesso servizio delle “autoriparanti”. Non l’ho mai sperimentato, ma esiste e potrebbe funzionare: mi lascia solo qualche dubbio l’operazione di intridere la valvola con una sostanza che credo sia appiccicosa o con proprietà collanti.

Gomme antiforatura

A detta dei negozianti che ho incontrato sarebbero caratterizzate da un maggior spessore della gomma, ma parliamo solo di qualche decimo di millimetro.

Credo che prevengano solo una piccola percentuale di eventi, e che basti una spina un po’ più robusta o un chiodino per smentirle. Sono supposizioni mie, perché non le ho mai provate.

Su Internet si trovano coperture antiforatura che includerebbero una banda in kevlar: qualcuno le ha provate e vuole dirci le sue impressioni?

Qualche parola sulle valvole

Le valvole più diffuse in commercio sono le cosiddette italiane, francesi e tedesche (non è la barzelletta del fantasma Formaggino…).

Le ultime due si chiamano, rispettivamente, Presta e Schrader. Seppur le nostre bici dell’infanzia siano state dotate di valvola italiana (chi non ha perso decine di quei benedetti tappini?) credo che le migliori in assoluto siano le Schrader, cioè quelle tedesche.

Il motivo è semplice: identiche a quelle delle automobili, non creano alcun problema per adattarsi a qualunque pompa, e in compenso potremo regolare la pressione efficacemente, in pochi secondi, presso qualsiasi distributore di benzina, senza fatica, risparmiando tempo e senza maltrattare la valvola sbatacchiandola con la pompetta a mano.

Le valvole francesi, dette “Presta”, creano difficoltà nell’adattarsi alle pompe perché il tappino rimane al culmine della valvola anche quando svitato, e non sono gestibili con l’attacco disponibile presso le aree di servizio. Infatti hanno bisogno di un adattatore che al momento buono potrebbe non essere rintracciabile.

Enterprise 2 era dotata di valvole Italiane, ma un semplice lavoro di adattamento (allargamento del foro del cerchio a 8 mm. e accurata sbavatura dei residui) ha permesso di montare le Schrader.

Non ho mai avuto problemi per aver fatto questa modifica.

Il battistrada

Come già spiegato nell’articolo “Nuova bici, vecchi orizzonti” il battistrada va scelto a seconda delle proprie esigenze.

Su Enterprise 1 e 2 ho montato gomme praticamente lisce, al punto che molti saputelli mi suggerivano di cambiarle: io rispondevo sempre “Sono nuove, sono fatte così”.
Tuttavia sul fango bisognava usare una certa prudenza per non scivolare.

In questo periodo sto sperimentando posteriormente quella che si vede in quest’articolo con disegni longitudinali, che oltre ad allontanare di qualche millimetro la struttura della gomma dall’eventuale causa di foratura sono scorrevoli ed hanno una certa tenuta anche sul fango. Quelle tassellate ed artigliate garantiscono senz’altro una tenuta maggiore nel fuoristrada, ma diminuiscono la scorrevolezza, sono rumorose, assorbono energia e si consumano rapidamente sulle strade asfaltate.

I raggi

Normalmente non richiedono manutenzione, ma dopo molti km, soprattutto quando la bici è nuova, possono allentarsi, provocando uno sfarfallamento della ruota e, in certi casi, si possono rompere.
Regolare i raggi è cosa molto facile… per chi lo sa fare. Io non sono capace, e i risultati dei miei tentativi sono disastrosi.

Il lavoro può essere fatto in poco tempo da un addetto esperto, il costo è ragionevolissimo (circa 5 Euro a ruota) e va fatto raramente, solo quando necessario; verificare almeno una volta all’anno la loro tensione e l’allineamento delle ruote.
È utile ricordare che Decathlon, oltre a disporre di personale competente, offre un controllo completo e gratuito della bicicletta entro 6 mesi dall’acquisto presso un loro negozio; non è importante che vi rivolgiate allo stesso negozio dell’acquisto.

Nei prossimi articoli parleremo di attrezzi, freni, cambio e molto di più. Non perdeteli e… Buona strada!

Marco

 

(le pubblicità qui sotto non sono mie) 🙂

Anima e bici

“La bicicletta, metafora della vita”…

Espressione abbastanza abusata ma in parte vera; non voglio scomodare concetti esistenziali, forse eccessivi; la vita è un viaggio, ed ogni viaggio è metafora della vita.

Quell’espressione diventa abbastanza appropriata nei viaggi lunghi, dove ogni giorno è la conquista di un posto nuovo e di una meta, dove ogni tappa è fatica, dove ogni gioia si conquista con sforzo e con costanza.

È sentire di meritarsi ogni momento di riposo, è contemplare il posto sconosciuto che ci ospiterà per la notte cogliendo aspetti che, forse, sfuggono agli stessi indigeni, per i quali ogni colore ed ogni profumo sono normalità; è di giorno il “tormento” dalle piccole e grandi difficoltà da superare, fossero una salita, un’intemperia, un’incertezza nel percorso o una foratura, e di sera, trovato il giaciglio, godersi un panno caldo addosso nella brezza serale e bazzicare i dintorni alla ricerca di una birretta, meglio se col contatto umano di un avventore, di un connazionale o anche solo di un albergatore gentile.

Conoscenze meravigliose come mazzi di fiori, di cui godere la bellezza e il profumo del momento ben sapendo che il giorno dopo saranno già appassite, e non sentirne la mancanza.

La solitudine per alcuni è un problema. Io ho viaggiato quasi sempre da solo, e pur ricordando con piacere il viaggio da Lodi a Venezia od altre scorribande con l’amico Angelo preferisco di gran lunga i viaggi solitari.

Angelo… il responsabile della mia passione ciclistica.

Abbiamo lavorato insieme per cinque anni, e mi ha raccontato il gusto di pedalare su stradine di campagna, fuori dal traffico, di buona lena, per trascorrere qualche ora in posti belli e con soddisfazione.
Io non capivo: me piacere viaggiare su moto, me piace 200 all’ora, io no piace fatica, io sempre di fretta, dicevo dai miei 125 chili di stazza. Poi un giorno trovai un vecchio “cancello” (una bici di ferro) in un cassonetto, la riparai e la misi lì. Diventò “Enterprise 1”.

L’anno successivo, in un pomeriggio di Luglio, la usai per un’uscita di 4 + 4 km, nello stupore della mia famiglia; il giorno dopo i km diventarono 6 + 6, poi 10 + 10. Nel mese di Ottobre dello stesso anno, il 2006, l’ultima uscita fu 125 + 125 in due giorni, con Angelo, da Lodi a Civenna (CO) e ritorno.

Pesavo 15 kg in meno…

Non gli sarò mai abbastanza grato per questo contagio.

Ecco Angelo, e sulla destra Enterprise 1.

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Con tutto il bene che voglio ad Angelo, e col bel ricordo dei 350 km attraverso Cremona fino a Chioggia (foto), Pellestrina, Lido e Cavallino Treporti (dove a Cà’ di Valle il grande Stefano somministra i migliori frutti di mare del mondo nel ristorante con camere denominato “Blue Moon Fiammingo”), il viaggio di gruppo non è la stessa cosa. Non c’è introspezione, manca l’essere “soli con se stessi” e con le proprie forze; poi c’è anche una piccola dose d’egoismo… Se buco una gomma non voglio pensare al tempo che faccio perdere all’altro, e se ho voglia di buttarmi in un torrente per rinfrescarmi non voglio dover pensare all’altro che si annoia se non ha la mia stessa voglia.

Da quando vado in bici ho colto sfumature ed impressioni mai provate in mezzo secolo di vita: “La moto” – dicevo – “è bella, perché non ha il parabrezza dell’auto che ti isola dal resto, il quale sembra uno schermo televisivo che rende virtuale il tuo viaggio”. Confermo tutto, tutto vero. Bella la moto, viva la moto. Ma in bici…
L’impressione più chiara l’ho avuta quando, tornando col treno dall’Olanda (dopo averla raggiunta in 14 giorni con la bici, vedi articolo) ho fatto tappa a Parigi: 8 ore fra un treno e l’altro da spendere in una città che avevo già visto in auto, in camper ed anche in moto. 
Ho scoperto una città nuova, che si raccontava ad ogni angolo, in ogni vicolo, in ogni scorcio senza ch’io dovessi badare a null’altro che a riempire gli occhi di colori e di voci. Mi sentivo come Romeo degli Aristogatti: sentivo la gente parlare, accedevo agli argini del fiume, gustavo il cibo di strada e chiacchieravo col matto davanti a Notre-Dame immaginando che fosse Quasimodo.

Un toscanello davanti alla Gare d’Austerlitz osservando la vita sui barconi-residenza ormeggiati lungo la Senna, un sonnellino sul prato della Tour, le bancarelle coi libri, i discorsi della gente in lingue più o meno comprensibili, il rumore assordante dei treni sopraelevati: tutte cose che non c’erano nei viaggi motorizzati.

Il meglio dei viaggi in bici, però, sono i paesaggi del nulla, dove non c’è alcunché da vedere, se non un piccolo corso d’acqua che accompagna la mia strada, uno scorcio fra le case o una costruzione insolita che attira l’occhio. Solo provandoci si può capire come tutto ciò nutra lo spirito, e il giro paziente del pedale è come un metronomo che scandisce la melodia delle sensazioni.

A volte percorro in auto strade lontane già percorse in bici, e ancor oggi mi stupisco di come sia stato possibile. Garmisch P.K., una piccola località sciistica tedesca, era dietro l’angolo quando l’ho raggiunta in bicicletta dopo “soli” cinque giorni di viaggio: eppure, transitandoci dopo una nottata guidando l’automobile, sembrava di essere arrivati su Marte. O quasi.

In bici cambia lo spazio e cambia il tempo, ed Einstein – forse – potrà illuminarmi su questa quarta dimensione in cui ho avuto la gioia d’entrare; in attesa d’incontrarlo ne godo gli effetti, e ciò mi basta.

Infine, per completare la metafora esistenziale, c’è l’incertezza del futuro.

I miei viaggi non sono programmati, se non nella meta finale. Sono in balìa di molte variabili, dal banale tempo meteorologico ad eventi di altra natura; scongiurando l’incidente sempre in agguato, che deve essere sempre oggetto della massima attenzione (vedi articolo  precedente), ogni giorno potremmo ad esempio non trovare un posto per dormire: mi è successo passando dalle parti di Saint-Tropez (articolo Lodi-Barcellona), dove i pochi alberghi erano completi e la sorte mi ha confezionato il bel ricordo di una notte in tenda, su una spiaggia libera, con bagno di mezzanotte e doccia del mattino.

Potrebbe guastarsi la bici, o potremmo avere problemi di salute: credo però che i nostri anticorpi siano particolarmente efficienti quando sappiamo di dovercela fare con le nostre sole forze.

In ogni caso, anche se sarà stato necessario soffrire e stringere i denti in molte occasioni, un viaggio in bicicletta verso posti lontani sarà per sempre un tesoro da conservare nei ricordi… più di molte altre cose.

Nuova bici, vecchi orizzonti

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In attesa di una nuova estate, preparare la bici è una buona cura per lo spirito.

Per l’occasione la bici è nuova. Non sono uno spendaccione e non credo che la riuscita di un’impresa sia proporzionale alla spesa; però da tempo mi attraeva la Rockrider 29″ 5.3 di Decathlon, e così, in tempo di saldi… Presa, al prezzo ragionevolissimo di 300 euro. Enterprise 3 sarà il suo nome, all’insegna della continuità.

 

Bella, grande, forte. Freni a disco meccanici e ottimo cambio a leve. Taglia XL, io sono un po’ alto quindi mi va bene.

Provata, 2-300 km. circa, e poi giù con le modifiche; dev’essere mia, a misura delle mie esigenze e frivolezze.

In questo articolo non racconterò di luoghi ed avventure, ma descriverò le modifiche e le personalizzazioni fatte per la funzionalità curando, seppur in modo non maniacale, l’estetica.

ASSETTO

Ho cambiato le gomme per una migliore scorrevolezza, dal momento che viaggio per l’80% su asfalto.
Le ruote tassellate tengono meglio sul fango, ma sull’asfalto ronzano e assorbono energia soprattutto alle maggiori velocità (sai che missile…).

Sul posteriore ho montato una gomma da 1.75 con il battistrada disegnato in senso longitudinale; le originali erano Hutchinson Python da 2.10, morbide e confortevoli ma predatrici di energia.

Gomma post

Sull’anteriore, invece, una gomma ancora più piccola da 1.50, con microdisegni e banda rifrangente.

Gomma ant

Gonfiate a 4 bar, belle dure, garantiscono scorrevolezza e un discreto comfort.

Entrambe da Decathlon, ovviamente, dove si trova anche la misura di camera d’aria compatibile con entrambe le sezioni. Il tutto per circa 30 euro, ma presto sperimenterò le camere d’aria autoriparanti; chissà se mi accorgerò di bucare…

Il diametro del cerchio è 28″ (detto altrimenti 700), anche se la bici è chiamata 29″ per la gomma in dotazione che ha una spalla molto alta. E meno male, sai che fatica altrimenti per trovare eventuali ricambi in viaggio…

Un’altra modifica è stata la pedaliera.

Il rapporto massimo originale 42/11, nonostante l’ampio diametro della ruota, è troppo corto per me. Non faccio il bauscia, non vado come un razzo… la mia pedalata è lenta, forte e paziente, perché voglio arrivare lontano. Così, non trovando in negozio pedaliere oltre il 44, ho comprato su eBay una Shimano da 48, che ha richiesto un certo lavoro di adattamento perché la corona esterna voleva interagire con il telaio.

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Mi sarebbe piaciuto trovare pedivelle più lunghe per sperimentare una leva maggiore, ma pare che oltre il 17.5 non si costruiscano, o quasi.
Per il momento ho accantonato l’idea di “prolungarle” di 2-3 cm, ma un giorno chissà… Avete consigli?

BAGAGLI

Sulle bici precedenti avevo sperimentato varie borse da manubrio.
Quelle a sbalzo, vendute come funzionanti, non funzionano. Non stiamo parlando di robaccia da supermercato, quella marca che comincia con la W, ma di articoli acquistati in negozi specializzati. Chissà, forse quelle borse sono pensate per metterci solo la Settimana Enigmistica ripiegata e una Bic. Invece io ci ho voluto mettere il portafogli, il telefono, le chiavi, la cartina e addirittura il lucchetto. Dopo 200 km. bisogna legarle con gli elastici perché gli attacchi cedono.

Su Enterprise 2 avevo installato una barra d’alluminio sagomata in modo curvo che faceva da supporto inferiore e superiore a una vecchia borsa fotografica, con buoni risultati. Nessun cedimento e servizio utile per 4 anni.

Oggi ho installato solo una sottile barra inox nella parte inferiore, forando e filettando il ponte reggiforcella come si vede nella foto.

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La maniglia superiore della borsa è sostenuta invece da un piccolo piolo che s’infila in un bullone forato fissato ad essa. Non è chiaro? Ok, guardate allora anche le due foto successive.

Perno borsa

Maniglia

Per sagomare il piolo in quel modo è stato sufficiente mettere la testa di un bullone del 4 nel mandrino del trapano e, mentre questo girava, avvicinare delicatamente il bullone alla mola da banco. Il tornio? Naah…

Come si applica la borsa alla piastra inox? Ci sono molti modi, io ho riciclato un pezzo in plastica di una vecchia cucina e praticato una fessura a misura della barra inox. La barra si infila nella fessura e il piolo superiore tiene la borsa in posizione. Evita gli spostamenti e si applica e toglie in pochi secondi.

Sottoborsa

Qualcuno avrà notato che, dov’è attaccata la barra inox, c’è uno strano dispositivo a molla forse poco elegante.

Non so voi, ma io detesto appoggiare la bici al muro e sentirla aggrovigliarsi per terra a causa della rotazione libera del manubrio.
Quel dispositivo serve a resistere alla rotazione eccessiva del manubrio, mentre non è percepibile durante le manovre di guida.
Il bullone superiore è filettato con molta cura nel canotto per circa 5 mm, inserito con la massima attenzione a non sporgere all’interno dello sterzo e togliendo ogni residuo del lavoro di filettatura.

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Per le borse posteriori ho comprato un nuovo portapacchi a sbalzo da Decathlon della portata di 5 Kg, ma ho anche voluto riutilizzare la prolunga già costruita per Enterprise 2. Si trattava di un bel lavoro, realizzato piegando e sagomando un profilo d’alluminio a U in modo che s’incastrasse nel profilo di quello a sbalzo.
Ci sono dei fori rettangolari per l’aggancio delle borse laterali.

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La barretta 1 impedisce che le due parti si allontanino sotto sforzo, la vitina 2 impedisce all'”aggiunta” di sfilarsi all’indietro, e, una volta bloccato in quella posizione, due leggere barre quadrate (ricavate da una vecchia antenna del II canale) fissate vicino al perno della ruota posteriore aumentano di molto la portata.
Notiamo anche la striscia di gomma, ritagliata per il lungo da una camera d’aria, che è un ottimo elastico per bagagli poco ingombrante quando riposto.

Portapacchi da dietro

Il passaggio della barra di sinistra trovava ostacolo nella pinza del freno posteriore, che si trova proprio fra il foro filettato del telaio e il portapacchi.

Il problema è stato risolto utilizzando una vecchia piastra di supporto di un flash fotografico, adattata come si vede in foto per spostare di alcuni cm. l’attacco dei supporti senza forare il telaio.

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La strana boccola con bordo quadrato serve come aggancio/sgancio rapido per l’elastico che fissa la borsa laterale, e il peso dei bagagli grava sul bullone a brugola color argento.

Questo bullone è frutto di un lavoro accurato: mentre all’interno della barra nera (antenna del II) c’è una boccola per resistere allo schiacciamento, sul lato opposto alla testa c’è un tubo esagonale filettato internamente (cioè un dado lungo del 6) che trasferisce il peso sul montante del telaio.
Credo che questo portapacchi possa viaggiare tranquillamente con oltre 30 kg. di carico, anche se normalmente viaggio con 10-15 kg. al massimo.

Staffa portapacchi

Le borse laterali sono di marca Cinelli, comprate per caso anni fa in un mercatino dell’usato per pochi euro.
indistruttibili e ancora sane, nonostante 3 viaggi completi, vorrei cambiarle con un modello impermeabile, ma non trovo degni sostituti.
Bellissime e capienti si trovano da Decathlon per 34 euro, materiale impermeabile, cordino di chiusura e coperchio, ma hanno un’unica, grande tasca. Non so rinunciare alla praticità del “multitasking” (!), quindi attendo e per il momento impermeabilizzo ogni panno in bustine con “zip” Ikea “Hylta” o “Istad” che hanno il vantaggio di poter essere schiacciate eliminando l’aria e guadagnando spazio.
Ecco ad esempio una maglietta da ciclista, con tasche, ben imbustata.

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IL MANUBRIO

È la “consolle” di guida, è quello che ho sotto gli occhi per tutto il viaggio, e dovrebbe portare tutti gli strumenti necessari… Ma NON CI STANNO.

Su Enterprise 1 avevo installato due manubri ad altezze diverse: comodo e pratico, spiaceva solo l’inutilità del peso aggiunto.
Così, dopo varie evoluzioni del progetto, con piccoli attacchi in alluminio ho applicato un leggero profilo (proveniente da una tenda Ikea) la cui sagoma mi permette di fissare qualunque oggetto utile in vari modi, come si vede nella foto.

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Da sinistra abbiamo: un rifrangente, il cardiofrequenzimetro, la trombetta, spazio libero, l’attacco al manubrio, il supporto/altoparlante per l’iPhone e una bussola.
Notiamo l’attacco per il supporto dell’iPhone, solidissimo anche perché la parte inferiore appoggia sul manubrio.

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LA SELLA

È fondamentale per resistere a lungo in… sella!

Ne ho provate tante, e sono giunto ad una conclusione. La mia conclusione, che non deve essere necessariamente la vostra.
La sella non deve essere particolarmente ampia e comoda, perché intralcerebbe i movimenti e aumenterebbe la superficie del sedere a contatto senza dare il beneficio del supporto.
Il sedere del ciclista è appoggiato quasi completamente sulle ossa dell’ischio, che premono sulle fasce muscolari sottostanti; quei punti sono i più delicati, e devono trovare una superficie soffice per distribuire il peso su qualche centimetro quadrato in più.
Al centro del cavallo maschile c’è il perineo, leggermente sporgente, nel quale ci sono i vasi sanguigni che nutrono il prezioso apparato… Se il ciclista è chino in avanti e la sella ha la superficie piana parte del peso preme su di esso, bloccando la circolazione. Dopo qualche decina di chilometri, quindi, l’apparato si “addormenta”, e noi maschietti proviamo l’insolita sensazione di essere femmina. A parte gli scherzi non è una cosa salutare, perché la prolungata e ripetuta mancanza di sangue provoca la morte dei tessuti, e ciò non ci piace.
Una buona sella deve quindi essere incavata al centro, meglio ancora se è aperta del tutto, come la mia.
L’ho riciclata da Enterprise 2: non amo smontare le vecchie bici e preferisco mantenerle in efficienza, ma la sella si è dimostrata ideale per i viaggi lunghi. Così ho trasferito su E2 la nuova sella che avevo preso per E3, di ottima qualità ma meno sagomata.
Questa forma, quindi, è quella che preferisco: morbidi appoggi per le ossa dell’ischio, un blando supporto per i lati del perineo, nessuna pressione sui gioielli che poggiano dolcemente sulla parte inclinata.

Sella

Scritte e disegni sono ormai consumati, ma la struttura e il rivestimento sono ancora a posto.

La marca? SMP, non ricordo il nome del modello.

È da precisare che buona parte della comodità di seduta è data dall’allenamento, perché col tempo ci si abitua e si soffre un po’ meno, quindi se le prime volte le chiappette si indolenziscono più avanti andrà molto meglio.

VISIBILITÀ

È importante, facendo molti km. su strada e non sempre su percorsi riservati.

Io mi sono affidato a dei rifrangenti grossi e di buona qualità, trovati sotto i guard-rail incidentati… È furto riciclare oggetti che sarebbero rimasti abbandonati e avrebbero inquinato l’ambiente? Io non credo.
Uno, come abbiamo visto, è fissato al supporto sul manubrio ed è inclinato leggermente verso l’esterno per essere visto bene dai veicoli che ci incrociano.

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Un secondo è fissato posteriormente.

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Dov’è attaccato quello posteriore con due dadini a galletto posso fissarne un terzo, sporgente e schermato a freccia, da usare sulle strade senza banchina. I fori sull’asta permettono due diverse sporgenze da usare a seconda della strada percorsa, e quando non è utilizzato sta all’interno dell’arco del portapacchi.
(in questa foto si vedono anche le borse).

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Lo specchietto retrovisore convesso (Decathlon, 5€ circa) posto sotto il manubrio ci dà una buona visione senza sporgere e senza inquadrare l’avambraccio sinistro; bisogna solo stare attenti all’inganno dell’apparente lontananza dei veicoli che arrivano da dietro.
Per installarlo è stato necessario forare il tappo in alluminio della manopola.

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BORRACCIA? NO, GRAZIE!

Troppe volte ho cercato rubinetti pubblici per riempire il mezzo litro vuoto tenendomi la sete. Il portaborraccia come questo può deformarsi leggermente e contenere una scorta adeguata… e le bottiglie si possono acquistare ovunque se la nostra dovesse deteriorarsi.

Bottiglia

ATTREZZI E RICAMBI

Non uso la borsina sottosella perché interferirebbe con una borsa che carico centralmente sul portapacchi posteriore, e la borsina da telaio che si vede nella prima foto dell’articolo non mi piace in quella posizione ribaltata.
L’ho messa lì perché ha un angolo acuto verso l’incrocio del telaio, mentre la mia bici ha un angolo ottuso sotto la “canna”.
Sono in attesa di ricevere da eBay questa borsina con la forma giusta:

Borsina sottotelaio

Essa conterrà:

– Una camera d’aria;

– Le leve di smontaggio gomme (Decathlon, alla larga quelle del supermercato tipo Wheeline che si rompono o si piegano);

– Un kit di cacciaviti e brugole in un unico attrezzo (D.);

– Una piccola pinza;

– Toppe di tipo autoadesivo, ottime per riparazioni veloci (non definitive) in caso di emergenza;

– Due chiavi regolabili provenienti dal kit Ikea;

– La pompa a doppia mandata (alta portata/alta pressione);

– Due chiavi fisse/stella da 8 e da 10 mm.;

– Un taglierino;

– Uno smagliacatena;

– Un breve tratto di una vecchia catena;

– Una falsamaglia;

– Un filo per i freni e uno per il cambio;

– Alcune fascette in plastica;

– Due boccette in plastica da 15 ml, provenienti dalle insalate di McDonald’s, riempite con olio per la catena (Non vorrete trovarvi a 1000 km. da casa con la catena secca e dover comprare un litro d’olio per usarne poche gocce?).

Attrezzi

PESO

Soprattutto dopo aver letto l’elenco degli attrezzi ci si potrà porre qualche domanda sul peso.
Conosco ciclisti che spenderebbero stipendi per togliere cinque grammi alla sella o ai pignoni, fra carbonio e kevlar…
Non è il mio caso.
Bisogna tuttavia prestare una certa attenzione a tenere basso il peso per non trovarsi a viaggiare con una bici da 50 kg.
Per esempio, nel vestiario, un paio di jeans graverebbe inutilmente, ed è preferibile acquistare (sempre da Decathlon) un paio di pantaloni Quechua e una felpina Oxylane, entrambi in pile, caldi ma superleggeri, per uscire di sera dopo aver trovato l’albergo.
Purtroppo, però, alcune cose come l’acqua e gli attrezzi sono importanti, e si rischia di sentirne la mancanza quando si rendessero necessari.
Il massimo sarebbe avere con sé tutto quanto si renderà necessario e non avere alcunché di inutilizzato (salvo particolari come lo smagliacatena, che comunque POTREBBE SERVIRE se la catena decidesse di spezzarsi in mezzo a piccoli paesini, grandi parchi naturali o ovunque… di Domenica).
Con attrezzi, vestiario, dotazioni e una piccola tenda da 1.4 kg. (trovata su Internet) la mia bici pesa in tutto circa 30 kg.
Con quel peso non si fanno le corse a 45 km/h, ma posso garantire che si viaggia normalmente fra i 20 e i 30 km/h, salvo salite ripide.
Io ho anche una moto grossa e mi piace correre, ma ho scoperto che con la bici si può andare lontano, molto lontano. Basta non avere fretta…

SICUREZZA

In bici non esiste.
Il 90% della nostra incolumità è affidato al nostro buon senso che ci impedirà di prendere curve veloci in discesa su strade di montagna, che ci farà viaggiare molto vicino al margine destro delle provinciali, che ci sconsiglierà di viaggiare affiancati dove c’è traffico, che ci farà preferire le piste ciclabili quando ci sono, che ci farà accostare se il camion visto nello specchietto non ha spazio sufficiente per sorpassarci a distanza.
Un ciclista assennato non viaggerà di notte senza luci, anzi non viaggerà nemmeno con le luci, se non in un centro città o in caso di necessità.
Nel caso dovrà comunque immaginare di essere invisibile per avvicinarsi alla realtà.

Il 10% rimanente è affidato alla fortuna.

Se un ubriaco al volante deciderà che la nostra vita dovrà finire lì e ci centrerà in pieno serviranno a poco caschetti in polistirolo e improbabili paraschiena: tuttavia almeno il caschetto potrà darci qualche probabilità di rimanere in salute se dovessimo “solo” cadere e picchiare la capoccia sull’asfalto, per cui indossarlo è una scelta consigliabile.

La sicurezza è legata soprattutto alla visibilità, e rimando alla parte più sopra che tratta l’argomento. Un rifrangente in più e un abbigliamento colorato possono essere decisivi!

VI È PIACIUTO QUEST’ARTICOLO?

Non sono Dio in Terra e non voglio insegnare la Verità: ho condiviso le mie conoscenze e mi piacerebbe ricevere osservazioni, suggerimenti e correzioni. Non mancate, ciao!

 

(La pubblicità qui sotto non l’ho messa io…)